martedì 29 ottobre 2013

Milano, 16 novembre 2014 - Santa Elisabetta d'Ungheria, patrona dell'Ordine Francescano Secolare - Rose bianche di Santa Elisabetta nella Basilica Santuario di Sant'Antonio di Padova

Domenica 16 novembre 2014, nel Santuario di Sant'Antonio di Padova in  via Carlo Farini a Milano, si celebra la Festa di Santa Elisabetta d'Ungheria, patrona dell'Ordine Francescano Secolare - OFS - .

In questa giornata saranno distribuite nel Santuario le rose bianche benedette di Santa Elisabetta  ai fedeli.



L'ESEMPIO DI VITA EVANGELICA
DI SANTA ELISABETTA D'UNGHERIA
Magyarországi Szent Erzsébet 

Nata nel 1207 Elisabetta visse nella Corte ungherese solo i primi quattro anni della sua infanzia, assieme a una sorella  e tre fratelli. La sua fanciullezza felice fu bruscamente interrotta quando, dalla lontana Turingia, giunsero dei cavalieri per portarla nella nuova sede in Germania centrale. Secondo i costumi di quel tempo, infatti, suo padre aveva stabilito che Elisabetta diventasse principessa di Turingia. Il conte di quella regione era uno dei sovrani più ricchi ed influenti d'Europa all'inizio del XIII secolo, e il suo castello era centro di magnificenza e di cultura. Elisabetta partì dalla sua patria con una ricca dote e un grande seguito, comprese le sue ancelle personali, due delle quali le rimarranno amiche fedeli fino alla fine. Sono loro che ci hanno lasciato preziose informazioni sull'infanzia e sulla vita della Santa.


Dopo un lungo viaggio giunsero ad Eisenach, per salire poi alla fortezza di Wartburg, il massiccio castello sopra la città. Qui si celebrò il fidanzamento tra Ludovico ed Elisabetta. Negli anni successivi, mentre Ludovico imparava il mestiere di cavaliere, Elisabetta e le sue compagne studiavano tedesco, francese, latino, musica, letteratura e ricamo. Nonostante il fatto che il fidanzamento fosse stato deciso per motivi politici, tra i due giovani nacque un amore sincero, animato dalla fede e dal desiderio di compiere la volontà di Dio. All'età di diciotto anni, Ludovico, dopo la morte del padre, iniziò a regnare sulla Turingia. Elisabetta divenne però oggetto di sommesse critiche, perché il suo modo di comportarsi non corrispondeva alla vita di corte. Così anche la celebrazione del matrimonio non fu sfarzosa e le spese per il banchetto furono in parte devolute ai poveri. Nella sua profonda sensibilità Elisabetta vedeva le contraddizioni tra la fede professata e la pratica cristiana. Non sopportava i compromessi. Una volta, entrando in chiesa nella festa dell'Assunzione, si tolse la corona, la depose dinanzi alla croce e rimase prostrata al suolo con il viso coperto. Quando la suocera la rimproverò per quel gesto, ella rispose: "Come posso io, creatura miserabile, continuare ad indossare una corona di dignità terrena, quando vedo il mio Re Gesù Cristo coronato di spine?". Come si comportava dinanzi a Dio, allo stesso modo si comportava verso i sudditi. Tra i  Detti delle quattro ancelle troviamo questa testimonianza: "Non consumava cibi se prima non era sicura che provenissero dalle proprietà e dai legittimi beni del marito. Mentre si asteneva dai beni procurati illecitamente, si adoperava anche per dare risarcimento a coloro che avevano subito violenza". Un vero esempio per tutti coloro che ricoprono ruoli di guida: l'esercizio dell'autorità, ad ogni livello, dev'essere vissuto come servizio alla giustizia e alla carità, nella costante ricerca del bene comune. Elisabetta praticava assiduamente le opere di misericordia: dava da bere e da mangiare a chi bussava alla sua porta, procurava vestiti, pagava debiti, si prendeva cura degli infermi e seppelliva i morti. Scendendo dal suo castello, si recava spesso con le sue ancelle nelle case dei poveri, portando pane, carne, farina e altri alimenti. consegnava i cibi personalmente e controllava con attenzione gli abiti e i giacigli dei poveri. Questo comportamento fu riferito al marito, il quale non solo non ne fu dispiaciuto, ma rispose agli accusatori: "Fin quando non mi vende il castello, ne sono contento!". Il suo fu un matrimonio profondamente felice: Elisabetta aiutava il coniuge ad elevare le sue qualità umane a livello soprannaturale, ed egli, in cambio, proteggeva la moglie nella sua generosità verso i poveri e nelle sue pratiche religiose. Sempre più ammirato per la grande fede della sposa, Ludovico, riferendosi alla sua attenzione verso i poveri, le disse: "Cara Elisabetta, è Cristo che hai lavato, cibato e di cui ti sei presa cura". Una chiara testimonianza di come la fede e l'amore verso Dio e verso il prossimo rafforzino la vita familiare e rendano ancora più profonda l'unione matrimoniale. 
La giovane coppia trovò appoggio spirituale nei Frati Minori, che, dal 1222, si diffusero in Turingia. Tra di essi Elisabetta scelse frate Ruggero come direttore spirituale. Quando egli le raccontò la vicenda della conversione del giovane e ricco mercante Francesco d'Assisi Elisabetta si entusiasmò ulteriormente nel suo cammino di vita cristiana. Da quel momento, fu ancora più decisa nel seguire Cristo povero e crocifisso, presente nei poveri. anche quando nacque il primo figlio, seguito poi da altri due, la nostra Santa non tralasciò mai le sue opere di carità. Aiutò inoltre i Frati Minori a costruire un convento, di cui frate Ruggero divenne il superiore.
Una dura prova fu l'addio al marito, a fine giugno del 1227 quando Ludovico IV si associò alla crociata dell'imperatore Federico II, ricordando alla sposa che quella era una tradizione per i sovrani di Turingia. Elisabetta rispose: "Non ti tratterrò. Ho dato tutta me stessa a Dio ed ora devo dare anche te". La febbre, però, decimò le truppe e Ludovico stesso cadde malato e morì ad Otranto, prima di imbarcarsi, nel settembre 1227, all'età di ventisette anni. Elisabetta, appresa la notizia, ne fu così addolorata che si ritirò in solitudine, ma poi, fortificata dalla preghiera e consolata dalla speranza di rivederlo in Cielo, ricominciò ad interessarsi degli affari del regno. La attendeva, tuttavia, un'altra prova: suo cognato usurpò il governo della Turingia, dichiarandosi vero erede di Ludovico ed accusando Elisabetta di essere una pia donna incompetente nel governare. La giovane vedova, con i tre figli, fu cacciata dal castello e si mise alla ricerca di un luogo dove rifugiarsi. Solo due delle sue ancelle le rimasero vicino, la accompagnarono e affidarono i tre bambini alle cure degli amici di Ludovico.  Peregrinando per i villaggi, Elisabetta lavorava dove veniva accolta, assisteva i malati, filava e cuciva. Durante questo calvario sopportato con grande fede, con pazienza e dedizione a Dio, alcuni parenti, che le erano rimasti fedeli e consideravano illegittimo il governo del cognato, riabilitarono il suo nome. Così Elisabetta, all'inizio del 1228, poté ricevere un reddito appropriato per ritirarsi nel castello di famiglia a Marburgo, dove abitava anche il suo direttore spirituale Fra' Corrado. Fu lui a riferire al Papa Gregorio IX il seguente fatto: " Il venerdì santo del 1228, poste le mani sull'altare nella cappella della sua città Eisenach, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di alcuni frati e familiari, Elisabetta rinunziò alla propria volontà e a tutte le vanità del mondo. Ella voleva rinunziare anche a tutti i possedimenti, ma io la dissuasi per amore dei poveri. Poco dopo costruì un ospedale, raccolse malati e invalidi e servì alla propria mensa i più miserabili e i più derelitti. Avendola io rimproverata su queste cose, Elisabetta rispose che dai poveri riceveva una speciale grazia ed umiltà". Possiamo scorgere in questa affermazione una certa esperienza mistica simile a quella vissuta da san Francesco: il Poverello di Assisi dichiarò infatti nel suo testamento che, servendo i lebbrosi, quello che prima gli era amaro fu tramutato in dolcezza dell' anima e del corpo. Elisabetta trascorse gli ultimi tre anni nell'ospedale da lei fondato, servendo i malati, vegliando con i moribondi. Cercava sempre di svolgere i servizi più umili e i lavori più ripugnanti. Ella divenne quella che potremmo chiamare una donna consacrata in mezzo al mondo e formò, con altre sue amiche, vestite in abiti grigi, una comunità religiosa. Non a caso è patrona del Terzo Ordine Regolare di san Francesco e dell'Ordine Francescano Secolare. Nel novembre del 1231 fu colpita da forti febbri. Quando la notizia della sua malattia si propagò, moltissima gente accorse a vederla. Dopo una decina di giorni, chiese che le porte fossero chiuse, per rimanere da sola con Dio. Nella notte del 17 novembre si addormentò dolcemente nel Signore.Le testimonianze sulla sua santità furono tante e tali che, solo quattro anni più tardi, il papa Gregorio IX la proclamò Santa e, nello stesso anno, fu consacrata la bella chiesa costruita in suo onore a Marburgo. Nella figura di santa Elisabetta vediamo come la fede, l'amicizia con Cristo creino il senso della giustizia, dell'uguaglianza di tutti, dei diritti degli altri e creino l'amore, la carità. E da questa carità nasce anche la speranza, la certezza che siamo amati da Cristo e che l'amore di Cristo ci aspetta e così ci rende capaci di imitare Cristo e di vedere Cristo negli altri. Santa Elisabetta ci invita a riscoprire Cristo, ad amarLo, ad avere la fede e così trovare la vera giustizia e l'amore, come pure la gioia che un giorno saremo immersi nell'amore divino, nella gioia dell'eternità con Dio.

f.l.c.
Tratto da Sant'Antonio N. 3-4 LUGLIO-DICEMBRE 2011
BOLLETTINO DEL SANTUARIO DI SANT'ANTONIO DA PADOVA
20154 MILANO - VIA FARINI 10





17 novembre - Lodi Mattutine - Inno

O Santa Elisabetta,
accogli il nostro canto:
dal gaudio del Signore
ascolta chi ti prega.

In terra hai conosciuto
la pena dell'esilio:
guida alla patria eterna
chi è ancora pellegrino

Per Cristo hai rinunciato
alla gloria terrena:
donaci di stimare
soltanto i beni eterni.

Tu hai vinto le insidie
dell'eterno nemico:
imploraci da Dio 
l'aiuto che ci salva.

Onore sia al Padre,
lode al divin Figlio,
grazia al Santo Spirito,
nei secoli eterni. Amen.




Bibliografia:


domenica 6 ottobre 2013

Milano, giovedì 20 febbraio 2014 ore 21,00 - Per conoscere Francesco d'Assisi - Incontro presso Centro Qiqajon, Via Carlo Farini, 17

Ogni terzo giovedì del mese alle ore 21,00, a partire da giovedì 17 ottobre 2013,  si terrà un incontro di formazione francescana, aperto a tutti, presso il Centro Qiqajon di via Carlo Farini, 17 di fronte al Santuario Basilica di Sant'Antonio di Padova di Milano (occorre attraversare la strada sulla quale si trova la chiesa).

Argomento degli incontri


Per conoscere  Francesco d'Assisi

Gli incontri saranno guidati da fr.   Cesare Vaiani, dell'Ordine dei Frati Minori del Convento Sant'Antonio di Padova Milano.

Mezzi di trasporto: Stazione FS Milano Porta Garibaldi, Passante ferroviario Milano Porta Garibaldi, M2 Porta Garibaldi, ATM linee 2, 4, 7, 37, 70 fermata Farini/Ferrari.






SAN FRANCESCO, UN SANTO

Durante l'anno noi cristiani celebriamo la memoria di numerosi santi, che segnano con le loro feste il calendario liturgico; le feste dei santi si inseriscono come aiuole colorate di fiori lungo la strada maestra del ciclo settimanale, centrato sulla domenica, festa primordiale della liturgia cristiana, e dei tempi liturgici, che dall'Avvento al Natale, dalla Quaresima al tempo pasquale, celebrano il mistero di Cristo Signore. 
Anche la festa di San Francesco è una di queste presenze di santi nella liturgia della chiesa, e come ogni santo anche Francesco ci rimanda al mistero di Dio, glorioso nei suoi testimoni. Il culto cristiano dei santi e della Vergine Maria, infatti, non è centrato sul santo stesso, ma sull'opera di Dio che nei santi si rivela in maniera eminente. I primi ad esserne consapevoli sono i santi stessi: essi hanno sempre scoraggiato il fanatismo di chi guarda solo alla santità dell'uomo, dimenticando che l'agire umano rimanda sempre al mistero di Dio. Francesco stesso, così profondamente convinto che il bene che noi operiamo è solo del Signore, "perchè suo è ogni bene ed Egli solo è buono", ci insegna a riconoscere in ogni bontà e in ogni santità umana un rimando alla fonte del bene, che è Dio solo.
Questa visione dei santi intesi come manifestazioni del mistero di Dio ci mostra molteplici e diversi aspetti del suo mistero. Infatti, se è certamente vero che Dio è uno solo, pure i modi di rivelarlo, realizzati dalle vite dei santi, brillano per la loro inesauribile varietà. Altro è il modo di manifestare Dio realizzato da san Francesco e altro è il modo di sant'Antonio, altro è il modo di Chiara d'Assisi e altro il modo della sua amica santa Agnese di Boemia. Sono certamente tutti santi, talvolta sono perfino vicini nel tempo e nell'ispirazione spirituale, ma ognuno di essi ha caratteristiche proprie, che fanno risplendere un aspetto diverso del ricco mistero di Dio. Questa varietà di accenti spiega anche perchè ha senso celebrare numerosi santi: se fossero tutti uguali nella loro santità, basterebbe celebrare un'unica festa! Invece la Chiesa, nella sua materna saggezza, ci fa guardare ora all'uno, ora all'altro, sottolineando diversi aspetti esemplari, utili a guidare ciascuno di noi nel cammino verso Dio.
Quello che la vita di Francesco testimonia in maniera speciale è l'azione dello Spirito del Signore. Francesco stesso dice nella Regola che ha scritto per i suoi frati, che ciò che dobbiamo desiderare sopra ogni cosa è di "avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione". Se dice che lo dobbiamo desiderare "sopra ogni cosa", vuol dire che lo ritiene davvero importante!
E' lo Spirito di Dio, infatti,  che suscita nel cuore dell'uomo la fede e l'amore; non siano noi che, da noi stessi, possiamo darci la fede o la carità. Solo aprendoci alla Sua azione sentiamo crescere nel nostro cuore la capacità di dire  "Credo" e la forza per dire "Amo".
L'azione dello stesso Spirito del Signore ci rende una cosa sola con il Figlio di Dio, Gesù, e dunque ci fa entrare in relazione filiale con Dio, Padre di Gesù e padre nostro; la conseguenza di questa azione dello Spirito  è che, rendendoci figli nel Figlio, egli ci fa fratelli fra noi, fratelli minori alla stessa maniera in cui Gesù si è fatto nostro fratello e nostro servo. Nasce così la fraternità, quel rapporto da fratelli che vediamo realizzato così bene in "frate Francesco": possiamo notare che Francesco scelse per sè e per i suoi frati il nome di "frati minori",  che sottolinea un modo di essere fratelli.
Francesco ci insegna anche che lo Spirito del Signore, facendoci riconoscere che ogni bene è di Dio, ci guida all'espropriazione e ci fa abbracciare la povertà del cuore. La povertà consiste prima di tutto in una dimensione del cuore, che non si appropria di nulla, nè delle cose nè delle persone, e che riconosce nei beni di questo mondo i doni di Dio, che vanno a Lui restituiti con riconoscenza e con gioia.
E' lo Spirito che rende "spirituale" il nostro ascolto del Vangelo, nel quale ci parla il Signore Gesù; se non ci apriamo all'azione vivificante dello Spirito leggiamo il Vangelo come un libro morto, mentre la forza dello Spirito ci permette di cogliere oggi la voce viva di Gesù. Francesco lo aveva capito bene, lui che molte volte usa l'espressione "come dice il Signore nel Vangelo" e non "come disse il Signore": usa il verbo al presente, perchè lo Spirito rende attuale quella parola di Gesù. 
Infine, Francesco, che ci invita ad "avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione", ci ricorda che l'effetto della presenza dello Spirito è proprio la sua "santa operazione", cioè un agire geniale e intraprendente, per realizzare quello che il Signore ci suggerisce.  Non c'è nulla di più pratico di un uomo spirituale: la spiritualità cristiana non è qualcosa di astratto e disincarnato, ma qualcosa che ha a che fare con la vita e con la pratica o, come dice Francesco,  con la "santa operazione".
Celebrando la festa di San Francesco, dunque, guardiamo alle caratteristiche specifiche della sua santità, e ne raccogliamo l'ammaestramento spirituale, che egli ha espresso anzitutto con la vita, ma anche con la sua dottrina, attraverso gli insegnamenti raccolti e tramandati dai suoi scritti e dalle sue biografie. 
Va tuttavia aggiunto che secondo la prospettiva cattolica i santi non sono solo modelli e maestri di vita cristiana; essi sono anche intercessori, che possono darci una mano presso Dio ed aiutare il nostro cammino umano. E' vero che, tante volte, per i bisogni concreti della nostra vita ci rivolgiamo più a sant'Antonio, grande intercessore di miracoli presso Dio; ma se vogliamo chiedere qualcosa che aiuti il nostro progresso spirituale, forse sarà bene ricorrere a san Francesco, dal quale possiamo imparare soprattutto ad "avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione". 


Tratto da Sant'Antonio N. 3 LUGLIO-SETTEMBRE 2013
BOLLETTINO DEL SANTUARIO DI SANT'ANTONIO DA PADOVA
20154 MILANO - VIA FARINI 10
in distribuzione presso il Santuario  

Milano, Via Carlo Farini, 10 
Santuario di Sant'Antonio di Padova
Convento dei Frati Minori
Ex Chiesetta dell'Immacolata